Entro il 2050 la popolazione mondiale arriverà a 10 miliardi di abitanti che dovranno essere alimentati in maniera sostenibile. Un obiettivo che sembra oggi lontano visto che, per la sola Italia, l’overshootday, ossia la fine delle risorse annuali della Terra disponibili, è scattato lo scorso 15 maggio
L’A.N.I.D. presenta in un incontro al Rotary Club Bologna un’analisi dettagliata della lotta alle infestanti che, in tempi di transizione ecologica, va fatta trovando il giusto equilibrio tra contrasto e rispetto della biodiversità.
Laura Maistrello (UniMoRe): “Occorrerà modificare il modo in cui mangiamo riducendo gli sprechi e introducendo novel food che, come gli insetti, hanno ottimi valori nutritivi e implicano modelli produttivi rispettosi dell’ambiente. Anche per questo, l’Ue sta considerando l’adozione di una regolamentazione per questi alimenti”.
In meno di trent’anni la popolazione del Pianeta arriverà a 10 miliardi di abitanti. Una cifra esorbitante che pone seri problemi di food security, nel senso di garantire un adeguato approvvigionamento alimentare a tutti. Già oggi, soprattutto per i grandi sprechi che gli attuali modelli economici applicati e una diffusa miopia culturale producono, arriviamo a finire le risorse del Pianeta disponibili ogni anno (overshoot day) al 15 di maggio. In pratica andiamo in debito di risorse nei confronti delle generazioni future.
Attualmente questo debito equivale a 18 anni interi del Pianeta Terra andati già in fumo. L’ipotesi di nutrirsi anche attraverso gli insetti, che rappresentano una parte importante di tutta la biomassa del pianeta, dovrebbe essere considerata; alla luce di questi fattori e per i loro valori nutrizionali che gli scienziati ritengono ottimi per la salute umana.
È quanto è emerso nel corso dell’ultimo incontro del Rotary Club Bologna, presidente Claudio Vercellone, che, nell’ottica di perseguire una delle linee guida del Club di servizio internazionale che promuove la sostenibilità e la promozione delle attività che la implementano, ha avuto come ospiti i protagonisti del mondo della disinfestazione, i rappresentanti dell’A.N.I.D., l’Associazione nazionale delle imprese di disinfestazione.
“L’A.N.I.D. – ha detto il suo presidente, Marco Benedetti – segue tutte le problematiche relative agli animali infestanti. Non solo in relazione alla preservazione dell’edilizia monumentale (statue, architetture ed edifici storici), ma anche in relazione ai settori alimentari e sanitario. L’Italia deve individuare le corrette azioni da applicare ad ogni singolo tipo di infestante”.
Secondo il Global Footprint Network che, dagli anni ’70, ha sviluppato il calcolo sull’overshoot day, già solo riducendo del 50% il consumo globale di carne, riusciremmo a spostare la sua data di 17 giorni; di ulteriori 13 se fossimo in grado anche di ridurre lo spreco alimentare attuale. Questo perché metà della bio-capacità della Terra è impiegata attualmente per la produzione di cibo prevalentemente di origine animale. Oggi, gli allevamenti intensivi occupano il 77% dei terreni agricoli mondiali, ma producono solo il 18% di tutte le calorie e il 37% di tutte le proteine consumate a livello globale.
“Bisogna ripensare al nostro modo di nutrirci – ha spiegato Laura Maistrello, docente dell’Università di Modena e Reggio, invitata dai rotariani ad approfondire il tema degli insetti come possibile soluzione sostenibile -. Non c’è una risposta su come riusciremo a sostenere l’aumento di produzione di carne e pesce per sfamare una popolazione di 10 miliardi di persone con questi ritmi produttivi e, soprattutto, di grandi sprechi. Una cifra che raggiungeremo praticamente ‘dopodomani’. Occorrerà prendere in considerazione, per esempio, che i valori nutritivi degli insetti sono ottimi. In tal senso l’Europa sta valutando l’adozione di nuove normative per la regolamentazione di questi novel food e sta prevedendo esami stringenti sull’allevamento di insetti per il loro utilizzo alimentare”.
I numeri parlano chiaro. L’umanità che rappresenta lo 0,01% di tutti gli organismi viventi, sta consumando molte più delle risorse disponibili del pianeta causando una perdita di biomassa dell’83%. Leggasi perdita di 8 su 10 della biodiversità. Questo perché ha strutturato la sua alimentazione sull’allevamento intensivo, un modello destinato a produrre inevitabilmente molti sprechi.
Quello dei bovini e dei suini è arrivato a rappresentare il 60% dei mammiferi della terra. Quello del pollame, il 70%. Per contro, uccelli ed animali selvatici (leggasi: biodiversità), rappresentano solo il 4% della biomassa terrestre.
“Ecologia urbana significa equilibrio dell’ambiente – ha affermato Davide Di Domenico, referente scientifico di A.N.I.D. nella sua relazione dal titolo ‘Infestanti, tra lotta e rispetto alla biodiversità’ -. Occorre studiare dei modi per operare in modo sostenibile. Ad esempio, oggi abbiamo più cornacchie e cinghiali anziché rondini e merli; vediamo storni nelle zone di deposito degli autobus perché si forma un clima caldo determinato dal funzionamento dei motori, mentre cinghiali e lupi sono presenti nella prima collina abitata perché, di fatto, è una cucina a cielo aperto”.
Ci vuole una vera e propria rivoluzione di pensiero e di abitudini alimentari, perché il modello agricolo attuale è destinato ad andare verso un vicolo cieco. Consuma il 50% della superficie abitabile del pianeta, il 70% delle risorse idriche, determina l’inquinamento degli oceani per il 78%, immette in atmosfera un quarto dei gas serra sul totale annuo.
Riflessioni serie e approfondite su questo tema ci aspettano nel futuro, anche in considerazione della crescita delle intolleranze alimentari e soprattutto della necessità di superare le diffidenze culturali. Su questo punto, un passo avanti potrebbe essere dato dalla capacità di integrare progressivamente le farine degli insetti negli alimenti.