La bontà e la qualità del prodotto non bastano, vanno garantite a priori, prima di essere assaggiate, addirittura prima di essere comprate.
Nell’ultimo anno, la Marca del Distributore si è stabilizzata, a livello nazionale, al 18% di quota di mercato. Una realtà che però si presenta molto differenziata sul territorio. Dal punto di vista regionale, l’Emilia Romagna ha la quota di mercato più alta, pari al 24,4%, in crescita rispetto al 24,1% del 2013. A seguire la Toscana con il 24,2% e la Liguria con il 23,9%. All’ultimo posto, con il 9,2%, la Basilicata e la Calabria (analizzate come unità territoriale complessiva).
La conferma viene dallo studio condotto dall’Osservatorio MarcabyBolognaFiere, realizzato in collaborazione con Adm (Associazione della distribuzione moderna), presentato a Bologna a Marca 2015.
Dall’Osservatorio emerge anche il quadro di una Marca del Distributore che sta cambiando posizionamento sul mercato, qualificando la propria offerta, puntando su segmenti ad alto valore per il consumatore e assumendo sempre più il ruolo di leader di mercato.
Nonostante il periodo di congiuntura economica, quello che si ricerca è comunque la qualità e la Marca del Distributore sposa in modo ottimale questo bisogno rafforzandosi sui segmenti “top di gamma”.
A fronte di un lieve rallentamento del dato complessivo nelle vendite a valore (-0,1%) come conseguenza della contrazione generale dei consumi che interessa l’intero Paese, analizzando i singoli segmenti della Marca del Distributore, si evidenzia che i prodotti “Premium” e “ Bio”, quelli a maggiore valore, registrano una crescita significativa: prendendo in considerazione le vendite a valore, il segmento Premium aumenta del 7,1% e quello Bio dell’8,5%.
La Marca del Distributore esprime un ottimo rapporto qualità/prezzo (il risparmio, in media, è circa del 30/40% rispetto ai marchi industriali a parità di qualità), un mix che rende il prodotto in grado di soddisfare pienamente le necessità delle famiglie italiane attente alle proprie necessità e al proprio potere d’acquisto.
Alcuni concetti emersi da questo studio possono essere presi in considerazione anche dai produttori artigianali di pasta fresca. Infatti, il Responsabile Confartigianato Alimentazione, Arcangelo Roncacci, afferma: «Il consumatore, anche nel settore pastario, è sempre più esigente e attento verso il rapporto qualità/prezzo in cui la qualità rappresenta vari fattori: genuinità, freschezza, gusto, estetica, servizio».
Valori, questi, importanti ma che da soli non sono sufficienti: il consumatore va rassicurato dai produttori su alcuni criteri che riguardano l’offerta, come criteri di certificazione, tracciabilità, proprietà organolettiche, nutrizionali, scadenza, conservazione.
Caratteristiche che sono garantite dal Distributore ma che possono essere dimostrate anche dall’artigiano pastaio in grado di proporre prodotti a denominazione di origine e di lavorazione tradizionale (si pensi alla Pasta di Gragnano, ai Maccheroncini di Campofilone, entrambi Igp), oppure paste che fanno capo a un disciplinare di produzione (come i Casunziei delle Dolomiti venete), a marchi collettivi di prodotto o a marchi regionali.
Come dire: la bontà e la qualità del prodotto non bastano, vanno garantite a priori, prima di essere assaggiate, addirittura prima di essere comprate. Una garanzia, questa, che deve essere visibile al consumatore durante la decisione d’acquisto, quando il prodotto è ancora sullo scaffale del supermercato o sul banco espositivo del pastaio. Insomma, bontà e qualità vanno “certificate”. Come? Sulla confezione, da un marchio. Un marchio che può essere industriale, del Distributore o, perché no, dell’artigiano.